Da un manoscritto del Parroco don Innocenzo Barbiero S.O.Cist. - Abbazia di Piana 1972
Villa S.Croce, frazione del comune di Piana di Monte Verna, è un ridente villaggio della provincia di Caserta. Il paese giace sul colle "Morrone del Monaco" a 437 m. sul livello del mare. Per due strade provinciali si accede alla frazione. La prima parte dalla città di Caiazzo. La seconda da Piana di Monte Verna. La popolazione è di circa 700 abitanti, i quali si dedicano all'agricoltura e alla pastorizia. Il villaggio non ha una storia degna di rilievo. E' difficile fissare l'età della sua fondazione.
La tradizione, ancor viva, ci mostra Villa S.Croce come un agglomerato di case di pastori sorte ai piedi del Monte Verna, sul quale si ammirano oggi i ruderi di una celeberrima abbazia benedettina del X secolo: l'Abbazia di S.Croce. Il villaggio è certamente sorto a causa del monastero e dopo di esso, il quale ha anche dato il nome all'abitato per distinguerlo dalle numerose "Ville" della diocesi caiatina. Mura antichissime, pezzi di tufo, vasi di terracotta, monete che si rinvengono arando la terra nella località "Castello delle Donne" e tracce di condotte d'acqua della stessa materia delle precedenti, ci confermano che nelle vicinanze di Villa S.Croce vissero progredite popolazioni romane.
Villa S.Croce è menzionata nella storia per la prima volta in una pergamena del 1436 (fasc. 2 n° 72, ora V. 26) nella quale si parla di un certo Giovanni de Adenulfo di Villa S.Croce. In un'altra pergamena del 1436 (fasc. 2 n°69, ora XIX, 7) si parla di un certo Tommaso de Tuccio della Villa S.Croce. In un atto notarile dell'anno 1553 si fa menzione di un certo Nardo della Yezza di Villa S.Croce, che dona al Priore del convento di S.Maria di Gesù due pezzi di terra (Carlo Marocco, manoscritto, Museo di Piedimonte d'Alife).
Nessun'altro documento, prima del 1660, ci è pervenuto riguardante la frazione. Dall'anno 1793 il nome di Villa S.Croce viene citato continuamente negli atti parrocchiali esistenti nell'Archivio parrocchiale dell'Arcipretura di Caste di Sasso.
L'ultimo atto redatto risale al 17 agosto 1760
Dall'anno 1700 a Villa S.Croce, con certezza, inizia la vita cittadina. Numerose sono le lapidi esistenti che rimontano a questo periodo.
La più antica, sita sul portone della famiglia soprannominata "Zoppi", data l'anno 1724; seguono poi altre più recenti; una pietra sepolcrale della chiesa parrocchiale è dell'anno 1773; su un gradino della chiesa vi si legge l'anno 1772; la stessa data recano i libri dei battezzati, dei morti e quello dei matrimoni.
Se il villaggio offre poche attività al forestiero, tranne quelle turistiche, al contrario il monte S.Croce, con i ruderi dell'Abbazia, è ricco di vicende storiche.
L'antico monte Verna è alto m.558. La sua ascesa non è molto faticosa.
Dopo dieci minuti per un sentiero lastricato di piante si arriva al cimitero. Il luogo è incantevole. Qui riposano le persone più care. Il camposanto, ampliato dal comune nel 1876, un giorno fu cimitero dei monaci del vicino monastero di S.Croce. Per una scala sotterranea si scende in una sala di stile romanico, che per molti anni fu ossario della frazione. La luce piove attraverso quattro feritoie. Ancora oggi sono visibili numerose urne sepolcrali in pietra contenenti i resti mortali dei monaci. Dopo breve sosta, si riprende l'ascesa del monte. la cima è vicina, ma l'erta salita fa venire meno il respiro.
Dopo un quarto d'ora eccoti sulla cima della montagna.
Da quell'altura, uno spettacolo imponente si presenta allo sguardo: a sud, si stende dinanzi, pieno d'incanto e poesia, tutto il panorama della vasta e ubertosa piana di Monte Verna; in fondo la catena dei monti Tifata, alle cui falde scorre tra il verde dei campi, il Volturno. Sotto, ad est, sorge la città di Caiazzo col suo superbo castello longobardo; a nord, la catena del Matese; ad ovest la vasta pianura di Capua, ove Annibale fiaccò le invitte falangi di Roma; lontano si scorge tra la foschia il fumante Vesuvio e Napoli con il suo mare.
Tra rovi e sterpi s'innalzano due mura, una cisterna, le fondamenta del chiostro e una doppia cinta di mura ciclopiche, unici avanzi del monastero. Tante volte nella mia fanciullezza avevo ammirato queste mura diroccate; mi ero chiesto chi le avesse costruite ed abitate. Quando sarò grande, dicevo tra me, cercherò di sapere la storia del monastero, e così potrò raccontarla ad altri. Avevo spesso sorriso nell'udire raccontare dai vecchi compaesani strane leggende sulla Badia, nell'animo dei quali rimane ancor oggi il ricordo del monastero e dei monaci che l'abitarono.
Però quello che un giorno fu storia, ora si è trasformato in leggenda. Leggende più strane si tramandano di bocca in bocca, di padre in figlio, addirittura ridicole alcune; esse non sono altro che contraffazione di dati storici. Da esse nulla si può ricavare per la costruzione della storia dell'abbazia.
E' difficile stabilire la data della fondazione del monastero. Il Can. Iadone ci dice che il monastero di S.Croce ebbe inizio nell'anno 1064.
Il De Francesco, invece, nel suo opuscolo "L'antichissima Badia benedettina di S.Croce di Caiazzo" lo dice edificato nell'anno 982 dal Conte Landolfo, figlio del principe Pandolfo Capodiferro, il quale Landolfo, nel medesimo anno, donava al detto monastero la chiesa di S.Marco in Cesarano con tutti i terreni che vi possedeva; e quello che possedeva in Cristianisi, presso Piana di Monte Verna.
Due documenti antichissimi, riportati nel 3° vol. dai "Regi Napolitani Archivii Monumenta", citati anche dal De Francesco, ci parlano dell'epoca in cui fu edificato il monastero di S.Croce e del suo fondatore. Il primo che reca la data del 982, è un atto pubblico col quale il conte Landolfo donava al predetto monastero la chiesa di S.Marco in Cesarano, da lui edificata. Il testo è il seguente:
"Voglio... che sia donata, per l'anima mia, al monastero di S.Croce, sito sulla vetta del Monte Verna, nel territorio caiatino, a cui presiede il signor Abate Dardano, la mia Chiesa di S.Marco, costruita nei predetti confini del territorio di Caiazzo, in contrada Cesarano, con tutti quei territori di mia proprietà esistenti nella medesima contrada Cesarano. Dono inoltre tutti quei terreni di mia proprietà, esistenti nel luogo così detto Cristianisi". Il citato documento da anche la ragione per cui il Conte Landolfo e la sua consorte Sighelgarda, donavano parte dei loro beni al Monastero di S.Croce "per la sicurezza e la difesa del predetto Monastero e dei suoi Abati e Rettori, perché ne facciano quell'uso che ad essi sembrerà più opportuno... " Il secondo documento, che reca la data del 985 è una bolla di Stefano, primo vescovo santo di Caiazzo, la quale, accennando tra l'altro alla chiesa predetta con l'annesso monastero dice "...che Landolfo per amore verso Dio e per la salvezza dell'anima sua costruì dalle fondamenta e chiamò S.Croce - in lode e gloria di N.S.Gesù Cristo - edificò poi anche il Monastero".
Le due date del Can. Iadone e del De Francesco, circa l'anno della fondazione del monastero, potrebbero conciliarsi, attribuendo la più antica alla edificazione del monastero e la più recente alla venuta dei monaci e alla fondazione ed apertura della loro chiesa.
Edificata la chiesa con l'annesso monastero, il Conte Landolfo non solo ebbe cura di mettere in grado i monaci di poter vivere con le proprie rendite, con le citate donazioni, ma facendo uso della propria autorità volle con un atto arbitrario esimere il monastero di S.Croce da ogni giurisdizione vescovile.
Il pio e santo vescovo Stefano, non volendo assumere un atteggiamento ostile contro il Duca, così benemerito verso la Chiesa, con la Bolla citata dichiarava : "...che la Chiesa di S.Croce sia del tutto libera - al presente e per l'avvenire - da ogni giurisdizione vescovile".
Questo fatto però generò nei successori del Vescovo di Caiazzo, Stefano, grande dissenso. Come si sia svolta la vita di questo monastero che, pur fin dalla fondazione, si presenta investito della più assoluta autonomia, non è facile determinarlo. Il Melchiorre nella sua "Descrittione dell'antichissima città di Caiazzo" ci dice che i documenti relativi all'Abbazia furono distrutti nell'anno 1619 da un incendio avvenuto nell'archivio di Montecassino, nel quale si trovavano per maggior sicurezza.
Senza dubbio il monastero, protetto da nobili signori, dovette avere una vita feconda di bene ed essere faro di luce morale e di civiltà in un periodo di lotte e di servilismo per l'Italia.
Quello che si può affermare con certezza è che nell'anno 1097 Riccardo II, Principe di Capua, donava a Guarino, abate del monastero di S.Lorenzo in Aversa "il Monastero di S.Croce, che è sito nel territorio di Caiazzo". L'Abate Guarino ben presto dovette sostenere aspre lotte per esimere dalla giurisdizione del Vescovo di Caiazzo la chiesa annessa al monastero di S.Croce.
Poiché il vescovo Costantino se ne era impadronito, l'abate ricorse al Papa Pasquale II, che si trovava nel palazzo Arcivescovile di Salerno. Alla discussione presenziarono i Cardinali Oddone vescovo di Ostia, Brunone di Segni, Alberto di Piacenza, Teuzone, Roberto di Parigi, diacono del Laterano, e i prelati Roffredo Arcivescovo di Benevento, Alfano Arc. di Salerno, Ruggero vescovo di Cava e gli abati Pietro di Cava e Madelmo di Santa Sofia di Benevento.
Dopo un accurato esame delle ragioni esposte dai contendenti, "... il vescovo di Caiazzo alla presenza del Papa rinunziò alla chiesa di S.Croce e la restituì al Monastero di S.Lorenzo, con tutti i suoi beni". L'abate Guarino, dopo la morte del vescovo Costantino, chiese al suo successore Pietro la conferma del monastero di S.Croce. Il vescovo con la bolla del 1106 accettava la richiesta, attestando di aver avuto anche l'assenso del Capitolo, del Clero e del Conte Roberto. "Poiché ci hai chiesto (insieme ai tuoi venerandi monaci e tutto il personale del suddetto cenobio di S.Lorenzo martire a cui presiedi con l'aiuto di Dio, concediamo il Monastero di S.Croce, posto nella diocesi di Caiazzo sul Monte Verna, finora posseduto da noi. Sarebbe stato inumano se non avessimo acconsentito alla richiesta. Con la presente lettera, con l'assenso di tutti i canonici e di tutti i nostri chierici e con la volontà del nostro Roberto, concediamo, diamo e confermiamo a te e ai tuoi successori".
Le vicende e gli Abati di questo monastero non ci sono note. Forse fu sempre governato dall'abate di S.Lorenzo d'Aversa. I benedettini lo lasciarono nel 1531, poiché nel 1532 ne era Abate e Rettore Paolo Prisco Arcidiacono, come risulta da uno strumento del 17 maggio di quell'anno di notar Novello; e nel 1555 lo era il nipote Tarquinio Prisco. Nell'anno 1558 l'Abbazia di S.Croce da Paolo IV fu concessa a D.Stefano Marzio. Nel 1673 ne era abate Corso dei Corsi, fiorentino.
Dal registro dei morti della parrocchia di S.Pietro risulta che D.Guido o Guidone Foschi, morto il 15 giugno 1721 di anni 63, era stato Vicario Generale e Abate di Montis Vernae. Nel 1721 era beneficio di libera collazione, ed era posseduto da Francesco M.Falconio, Vescovo di Caiazzo.
Si legge in un manoscritto di Carlo Marocco: "Francesco Maria Falconio cittadino ducale in vigore delle bolle spedite a Caiazzo il 18 giugno 1721, fu emesso il giorno 3 luglio 1721 in possesso della suddetta abbazia".
Col Rev. Prisco si chiude la serie degli abati.
Dopo la vendita della maggior parte dei beni, effettuata dall'abate Perrone, la vita del monastero volge al tramonto. I benedettini di Aversa danno l'ultimo segno di vita con la diretta elezione dell'abate Paolucci, poi pare che non s'interessino più della Badia che per vari secoli avevano posseduta e che era divenuta per essi di peso. Subentrano allora i Vescovi di Caiazzo, che cercano ancora per pochi anni di sostenere le sorti; poi, ad un tratto, anch'essi l'abbandonano, forse, data l'ubicazione del monastero, riusciva difficile trovare qualcuno che si sentisse di abitare lassù, lontano da ogni manifestazione di vita civile; privo di mezzi indispensabili al sostentamento. Senza la diretta cura di un monaco, ben presto il monastero e la chiesa decaddero fatalmente. Poi il tempoda una parte e l'incosciente ignoranza dei pastori di Villa S.Croce dall'altra, diedero all'insigne monumento, il colpo di grazia. Attualmente di tutta la celebre abbazia non rimangono che due mura alte - senza dubbio le mura della chiesa - ed i ruderi di una cisterna quasi interamente ricolma di pietre e calcinacci.
Prima di chiudere non si può fare a meno di citare alcuni documenti che ci attestano il vivo interessamento dei monaci di S.Croce, specie per l'arte pittorica e decorativa. Nella pianura di Piana di Caiazzo, poco lungi dal monte S.Croce, sorge la chiesa di S.Maria a Marciano, un tempo sotto la diretta dipendenza dei monaci. Il santuario è l'unica chiesa della diocesi di Caiazzo che presenti pareti affrescate con immagini trecentesche di santi, le quali risentono l'influenza benedettina. Nei primi del secolo, poi, vennero alla luce, in vari scavi praticati nel sottosuolo della chiesa di S.Croce, bellissimi affreschi. Essi in gran parte vennero distrutti e poi ricoperti di pietre dai pastori di Villa, i quali ogni giorno si recano coi loro greggi tra le vetuste mura di questo monumento.
Dell'attività artistica dei monaci ci restano ancora due documenti autentici consistenti in due graziosi bassorilievi, rappresentanti l'uno "il Cristo in Croce" e l'altro "S. Scolastica", la sorella di San Benedetto. Furono trovati tra i ruderi della Badia e murati poi ai lati della porta d'ingresso della chiesa parrocchiale di Villa S. Croce. I due bassorilievi, dalle forme arcaiche, si sono ben conservati, sebbene esposti a tutte le intemperie. Infine numerosi e antichissimi Libri Corali si conservano nella Cattedrale di Caiazzo, ultimi avanzi di quella fiorentissima Schola Cantorum benedettina. Ancora oggi, dopo tanti secoli, rimane vivissimo nel buon animo del popolo di Villa S.Croce il ricordo del monastero e dei monaci che l'abitarono e che furono i primi educatori dei loro antenati.
Anche se leggende più strane continuano a raccontarsi sul monastero di S.Croce.